Kyrgyzstan

Jety-Oguz e le Sette Rocce, Skazka Canyon e le rive sud del Lago Issyk-Kul

Ep. 4

Al mattino del nostro ultimo giorno a Karakol siamo un po’ preoccupati: l’aver superato — anche se di poco — il confine della zona proibita e pensare di poter incorrere nella sanzione di 5000$ ci mette un po’ di ansia, anche tenendo conto che al momento del noleggio viene richiesta la carta di credito a garanzia.

Scriviamo una mail a Maxim per confessare il nostro errore e lui, nel giro di alcuni minuti, ci tranquillizza: nel caso si sia superato il limite di poche centinaia di metri e successivamente si sia tornati indietro — possiamo stare tranquilli.

Il percorso da Karakol a Tong
Il percorso da Karakol a Tong

L’aver valicato il limite di una delle zone proibite a causa del fatto di non aver attentamente studiato l’itinerario, anche se cambiato e deciso su due piedi, ci è costato un bel rischio.

Per fortuna tutto si è risolto per il meglio.

L’itinerario del giorno prevede come direzione Bokonbayevo — il paese delle aquile; lungo il percorso visiteremo Seven bulls rocks, Cascate di Barksoon e Skazka canyon (forse meglio conosciuto come fairytale canyon o canyon delle fiabe).

In verità a Bokonbayevo non ci arriveremo mai (😂) e decideremo di fermarci, esattamente a 24 ore dal nostro arrivo — a Tong.

Questa modifica last-minute si è resa necessaria perchè a 24 ore di distanza la prenotazione della guesthouse ci è stata cancellata con la scusa di lavori imprevisti ed inderogabili. Trovandoci senza un tetto in cui dormire, e un po’ spiazzati, abbiamo deciso di ripiegare su Tong.

Ci serviva una partenza quanto più vicina a quella che sarebbe stata la vera tappa critica del viaggio: la scalata verso Song Kul.

Ma, con il senno del Poi, la location trovata all’ultimo minuto è stata fenomenale.

Ma andiamo con ordine.


Facciamo un ultimo giro a Karakol e ci dirigiamo verso la prima tappa della giornata.

Tra villaggi

Seven bulls rocks

Posizione su Google Maps qui.

Li troverete nel fondo della valle di Jety Oguz.

Ad appena 20 km da Karakol direzione Est troverete il villaggio di Jele Tobe, da cui partirà la valle delle rocce dei sette tori.

Avventurandovi nella valle, in una strada dignitosa ed asfaltata, avrete di tanto in tanto il sentore di conoscere l’ambiente, la vegetazione, i colori… sono gli stessi del giorno prima, nella valle di Kyzyl-Suu!

La valle però, a differenza di quella di Kyzyl-Suu, è profonda appena 15 km.

Vi renderete conto di essere arrivati quando arriverete al capolinea, in cui troverete le indicazioni per il sanatorio locale.

Nel nostro caso ci siamo anche accorti di essere arrivati nei pressi di, forse, un punto di primo intervento per via sia di un’autoambulanza

sia di un’automedica

Tuttavia, ci son sembrati intenti a fare tante cose fuorchè essere in urgenza. Forse, semplicemente, era la loro base.

Un cartello non lascia dubbi su cosa fosse la struttura di fronte a noi: il sanatorio di Jety Oguz.

Cos'è un sanatorio?

Erano delle strutture diffusamente presenti nel territorio sovietico ai tempi dell’Unione Sovietica ed erano una via di mezzo tra centri ospedalieri, di cura, e centri termali, di benessere.

Nati infatti come centri di cura delle patologie più comuni, vennero pian piano declinati in centri vacanza per le classi di lavoratori del periodo sovietico, in cui potevano essere spese le proprie ferie.

Alla luce dei tempi moderni, potevano essere considerati come strumenti di propaganda, ma che rivalutavano il lavoratore e gli riconoscevano il proprio diritto al riposo.

Se desiderate maggiori informazioni vi consiglio questa puntata del Podcast Cemento che tratta in modo approfondito l’argomento.

Arrivati all’ingresso del sanatorio voltatevi: alle vostre spalle riconoscerete facilmente il motivo per cui avete deciso di percorrere l’intera vallata.

Seven bulls rocks
Seven bulls rocks

Sulla sinistra del sanatorio, invece, una salita abbastanza ripida vi porterà su un piano rialzato per ammirare direttamente e dall’alto i sette tori.

Alla vostra sinistra troverete, allineati, le rocce dei sette tori. Il nome origina dal fatto che, nella fantasia di cui ha dato il nome al luogo — quelle rocce rappresenterebbero il sedere di 7 tori, tutti allineati e vicini.

Sulla destra una strada scoscesa, particolarmente ripida, sterrata e sdruciolevole vi porterà su un altipiano leggermente sopraelevato da cui potrete ammirare ancora meglio i sederi dei sette tori.

La visita ed il giro vi ruberà al massimo un’ora, a meno che non siate curiosi di entrare ed ispezionare, almeno dall’esterno, il sanatorio.

Discesa dall'Osservatorio delle Rocce dei Sette Tori

Facciamo le ultime foto e decidiamo i partire verso il prossimo stop: le cascate di Barskoon.


Ed è su questo tratto di strada, esattamente dentro il villaggio di Jety Oguz che si consuma il dramma.

Mi ritrovo a dover viaggiare all’interno di una mandria di mucche e buoi, sterminata, che occupavano non solo la carreggiata ma pure le cunete laterali. Segunedo gli altri automobilisti local, mi cimento in uno slalom delle bestie finchè, per scansarne (lentamente)…non finisco dentro un tombino aperto a bordo strada!

Grande disperazione, impossibile uscirne autonomamente. Chiedo ad un astante che nel frattempo era accorso se può trainarmi fuori con la fune (che avevamo in cofano). Detto fatto: dieci minuti ed eravamo fuori.

Ma dopo l’iniziale sollievo ci confrontiamo con la realtà dei danni, per fortuna relativamente ridotti e che un carrozziere del posto ci ripara per una manciata di som.

Tutto è bene quel che finisce bene.

Cascate di Barskoon

Posizione su Google Maps qui.

Barskoon, in kirghizo, significa lacrime del leopardo delle nevi.

Il navigatore o le guide vi indicheranno due strade: o passando attraverso Chon Jargylchak (con una strada un po’ più complessa in fatto di salite e curve, ma nulla di particolarmente impegnativo) oppure raggiungendo l’incrocio poco più avanti per la strada principale che vi porterà dritti al piazzale delle cascate.

Dopo circa 45-60 minuti di auto arriverete ad un grande spiazzo, facilmente identificabile perchè proprio in corrispondenza del monumento di Yuri Gagarin

Il monumento di Yuri Gagarin

A quanto pare poco prima della sua missione nello spazio il cosmonauta Yuri Gagarin visitò l’area e pare sia salito proprio su quella roccia in cui poi, in suo onore, è stato costruito il monumento.

La leggenda narra invece che nelle fasi di atterraggio — a causa di calcoli errati, Yuri Gagarin sia atterrato proprio nelle vicinanze della cascata di Barskoon. Questo racconto, benchè simpatico, rimane comunque una leggenda in quanto le fonti storiche del Partito raccontano che invece sia atterrato nei pressi del villaggio di Smelovka, in Russia.

Fonte

Yuri Gagarin
Yuri Gagarin

Da qui inizierà il percorso trekking verso la cascata di Barskoon prima e poi verso la cascata di Vodopad Bryzgi Shampanskogo che è tutt’altro che semplice da percorrere (non è un sentiero lineare, ma prevede alcune arrampicate nel sottobosco) per una durata di circa 2 ore.

Un po’ in dubbio se cimentarci o meno, iniziamo a percorrere il sentiero in quella direzione e ci imbattiamo nella piccola cascata di Chasha Manasa. Oltre alla cascata di Barskoon vera e propria ci sono anche altre piccole cascate satellite: Chasha Manasa e Boroda aksala.

Qui facciamo due foto e, resici conto delle distanze effettive e del tempo impiegato decidiamo di tornare indietro…e con il senno di poi facciamo benissimo!.

Sono già le 15, iniziamo ad avere fame e mentre cerchiamo un posto in cui mangiare.


Da sempre sono un fan dei pic-nic e dei pranzi al sacco ma non basati su panini asciutti e discutibili; e la gita alle cascate di Barskoon non fa eccezione.

Anche a Karakol non mancheranno i supermercati aperti con il canonico orario 7-23, facilmente rinvenibili sulla mappa, che vi permetteranno di acquistare prelibatezze e primizie kyrgyze facilmente preparabili ed organizzabili durante i vostri spostamenti; esempio: formaggi, salsicce, addirittura salmone affumicato e uova di storione. Basta poco: una tovaglietta, un supporto rigido, un coltello. Il resto sta alla vostra fantasia.

E ovviamente tanta acqua, perchè in Kyrgyzstan non si ha la certezza di poter avere acqua potabile ovunque ci si trovi.

Tiriam fuori tutto ciò che abbiamo ed iniziamo a mangiare e bere — seduti in prossimità di un ruscello — su due rocce che ci permettono di stare, non dico comodi, ma almeno seduti. Ma l’idillio è interrotto prematuramente dal sopraggiungere di un diluvio quasi universale che ci obbliga anzitempo a concludere il pasto e riparare tutti i nostri averi celermente.

Sotto il diluvio, con la foschia sopraggiunta, ci incamminiamo verso le rive del Lago Issyk-Kul e deviamo verso Ovest — verso la prossima tappa: lo Skazka Canyon.

Fairytale canyon

Posizione su Google Maps qui.

Forse meglio conosciuto sul web come Fairytale canyon — piuttosto che nel suo nome kyrgyzo, ovvero Skazka Canyon — ovvero Canyon delle fiabe.

La strada per arrivarci non è nulla di entusiasmante, ma sicuramente lo è vista dal drone. Lo stupore arriva una volta arrivato nel fondo della gola.

Dimenticatevi l’asfalto da questo punto in poi: anche se Street View riporta la presenza di una strada con asfalto, seppur in pessime condizioni, le immagini sono datate e non più attuali: sono infatti in corso dei lavori di ampliamento e costruzione di una nuova strada (forse 4 corsie con quella sulla riva Nord da Bishkek a Cholpon-Ata, considerando l’ampiezza della strada sterrata attualmente presente?).

Dopo circa 20 km, circa 30-40 minuti di auto a velocità consona a non smontare e demolire non solo la macchina ma il vostro cervello a causa delle continue vibrazioni arriverete al bivio da cui potrete entrare, seguendo i cartelli, nel canyon.

Arriviamo alle 17:30 inoltrate, la luce è ancora presente, ma alla sbarra non ci accoglie nessuno. L’ingresso infatti è a pagamento come indicato nel cartello presente all’ingresso ma la sbarra è sollevata, il casotto è chiuso e decidiamo di entrare. Forse in bassa stagione — pensiamo — non è conveniente tenere un operatore a riscuotere.

Il costo? 50 som (circa 0.50€)

Ci addentriamo nel canyon per circa 2km su una stradina serpiginosa contornata da rovi e qualche sterpaglia per svariati minuti, serpeggiando in curve delimitate da strette siepi e fermandoci, di tanto in tanto, per manovrare in caso di auto in discesa. Tutto intorno rocce e sabbia rossa, neanche fossimo su Marte.

Ci addentriamo nel canion con passo lento ma deciso, prestando attenzione ad ogni curva cieca.

Arriviamo ad uno spiazzo non tanto grande che funge da parcheggio e da cui esplorare le mille gobbe e le mille insenature del canyon.

Il tempo vi volerà, mentre passeggerete tra le gole ed i passaggi creati dal Tempo. E’ un piccolo canyon ma ci passerete quasi due ore.

Notevole la presenza della toilete nei paraggi del parcheggio.


Lo Skazka canyon, insieme alle Cascate di Barskoon e la valle di Jety Oguz sono tra le principali attrazioni della Regione del Sud del Lago Issyk-Kul.

La leggenda

Il perchè sia chiamato canyon delle fiabe lo capirete appena parcheggiato: proprio di fronte a voi due cartelli vi spiegheranno l’origine della leggenda.

Scesi dall’auto guardatevi intorno: vi verrà il dubbio di non essere più sulla Terra ma in qualche universo parallelo. Il silenzio assoluto renderà ulteriormente l’esperienza surreale, quasi mistica ed incantata.

Ovunque andiate, troverete rocce modellate dal tempo e dal vento di un colore rosso terracotta intenso — che contrasterebbe benissimo con il cielo celeste — se solo fossimo arrivati non nel tardo pomeriggio 😄

Alcune rocce hanno addirittura un nome proprio, dato dalla loro somiglianza con oggetti reali — come La muraglia cinese o dragoni.

La leggenda narra che un dragone rosso si innamorò di una giovane ragazza della valle. Lei però non ricambiò — ed il dragone giurò che avrebbe prosciugato i pozzi dell’intera vallata finchè lei non avesse cambiato idea.

Proprio per questo motivo — gli abitanti erano soliti chiudere i pozzi una volta usati, per non lasciarli incustoditi durante la notte. Una notte però, a causa di una disattenzione, il pozzo rimase aperto ed il dragone lo prosciugò — inondando d’acqua l’intera vallata e formando il Lago Issyk-Kul.

Pietrificato da tanta bellezza creata — il dragone si adagiò sulle sue sponde e si addormentò — trasformandosi così in roccia.

I percorsi

I cartelli nei pressi del parcheggio vi descriveranno quattro percorsi, di diversa lunghezza e durata, con addirittura indicazioni precise sui punti migliori su cui scattare delle foto.

Non solo piacevole da vedere, con le montagne che con i raggi del tramonto sembrano prendere fuoco, ma addirittura incantato.

A causa del tempo limitato, ci limitiamo a percorrere il percorso #2 ed il percorso #3 (quelli soprannominat della_muraglia cinese_).

Tong

Villaggio nei pressi di Bokonbayevo, sulle rive del Lago Issyk-Kul.

E’ questa la nostra prossima, e ultima, destinazione della giornata.

Il tramonto

Kompot: ottimo!
Kompot: ottimo!

Il tempo è tiranno, in queste giornate più che in altre. Vorremmo trattenerci ancora un po’, anche solamente perdere tempo in uno scenario che definire mozzafiato sarebbe banalizzarlo — ma l’orologio ed il sole ci dicono che non abbiamo più tempo.

Torniamo sulla strada maestra, non asfaltata ma in terra battuta. La macchina oltre i 40km/h vibra e lascia alle nostre spalle un polverone che ci nasconde completamente. Le auto ci superano senza particolare impegno e veniamo inglobati in nubi di polvere immense.

Viaggiamo con l’Issyk-Kul alla nostra destra, alla guida estremamente prudente @frupari perchè ho il desiderio di non perdere nemmeno un secondo di quel paesaggio mozzafiato, con il sole arancione che tinge sempre più il cielo di rosso ed incendia lo specchio dell’acqua.

Ci stiamo avvicinando alla tappa critica.

Ogni viaggio ha una tappa critica, una tappa più impegnativa sia dal punto di vista mentale che organizzativa — e la nostra si sta avvicinando.

Questa sarà la nostra ultima notte con un punto di appoggio umano, prima di avventurarci verso l’ignoto a 3000 metri di quota sul lago Song Kul.

La notte

In verità la durata della nostra tappa critica si è potenzialmente dilatata, alla luce della disdetta dell’alloggio giunta a meno di 24 ore: passeremo non una notte in iurta ma addirittura due!

La mia gioia è massima, meno quella di @frupari : lei in iurta non ci vuole proprio stare!

Ma si ricrede, dopo il timore iniziale, non appena capisce che dormiremo in uno iurt camp a 5 ⭐.

Arriviamo con le tenebre e troviamo con qualche difficoltà l’ingresso del campo.

Ci fanno accomodare velocemente, ci conducono lungo una serie di iurte fino ad arrivare alla nostra designata. L’aria inizia ad essere fresca, e come ogni notte abbiamo paura di aver freddo. Siamo a pochi metri dalle rive del lago, all’interno di una tenda, in Kirghizstan, potenzialmente vulnerabili.

Un brivido ci scorre lungo la schiena, ma dura il tempo di poggiare le valigie perchè veniamo condotti in una sala da pranzo con tavoli bassi in cui è avanzato qualcosa dalla cena.

Anche stanotte si mangia. Tra l’altro cibo tipico, per la gioia di @frupari .

Con tutti i contro di stare in una tenda, con i piedi sporchi dalla sabbia, mi rendo conto di essere comunque molto contento: sono in un posto di cui solo pochi mesi prima sognavo e guardavo con occhi affascinati le foto di chi, più coraggioso di me, invece c’era stato. E siamo davvero lì.

Mi ritrovo talmente a mio agio che decido di usare le toilete (a wc!) — dal cui basamento fuoriesce dell’acqua di natura ignota… — e, con un salto dall’altro estremo del corridoio sulle stelle — mi faccio addirittura una doccia con acqua calda!

Asciutto, profumato, completamente a mio agio con me stesso e con potenziali altri incontri umani — non stanco di tutta la giornata — torno nella iurta, prendo la macchina fotografica, cavalletto e mi incammino verso le rive del lago Issyk-Kul, a pochi minuti di passeggiata.

Tentare di fotografare la via lattea era stato il mio obiettivo per concretizzare il mio grande sogno già durante la notte sulle rive del Lago d’Aral ma ciò era stato reso impossibile dalla luna piena.

Ci riprovo questa notte, ma forse sono un po’ arruginito, forse ho perso la tecnica, forse sono troppo emozionato per dove sono — e le foto non escono al meglio. Escono sfuocate, come i ricordi.

Dove dormire

La nostra scelta è caduta su Beltam Yurt Camp. Era l’unica sistemazione disponibile, a poche ore dal nostro pernottamento — dopo che la precedente guesthouse ci cancella la prenotazione in modo insindacabile.

Avremmo volentieri evitato una doppia notte in iurta, a poche ore di distanza dalla grande prova che ci avrebbe messo sotto esame a Song Kul, ma non è stato possibile.

Ma, con il senno del Poi, è stata una grandissima esperienza. Probabilmente non avremmo vissuto le stesse emozioni: dormire in una iurta, con l’odore acre di plastica ed altri materiali con cui viene costruita (legname, canne, paglia…), è un’emozione forte, indelebile. Si viaggia per scoprire se stessi, alla fine.

Lo iurt camp è organizzato benissimo, e ogni cosa ha un suo funzionamento e ordine.

Benvenuti al Beltam Yurt Camp!
Benvenuti al Beltam Yurt Camp!

Visto al mattino, poi, non è nemmeno così scaduto come invece ci era parso la notte appena arrivati.

L’interno, così colorato ed allegro, trasmette quasi una sensazione di essere a casa propria — o come nella casa della nonna.

L’alba

Come un bambino la notte di Natale, e per giunta senza sveglia — mi desto prima dell’alba, in un orario compreso tra l’alba nautica e l’alba civile. Indosso la mia head-lamp, vesto con il guscio, afferro qualunque cosa per fare fotografie ed esco.

Fuori è buio, ma nell’aria qualcosa mi parla. E tra l’altro non sono l’unico ammalato di albe.

Per il mio lavoro spesso mi capita di vedere l’alba. Ne farei volentieri a meno, certe volte. Però ogni alba è diversa, e viverla nel mezzo dell’Asia Centrale, il sentirmi così lontano da casa e vulnerabile mi fa emozionare.

Le foto mostrano l’alba — ahimè non le emozioni.

Faccio le ultime foto al risveglio del Lago Issyk-Kul, alle montagne che dietro immense si stagliano in cielo e mi reco nella iurta per ricomporre i bagagli, prima della colazione.

Non faccio in tempo a chiudere del tutto la valigia che la curiosità vince e ci rechiamo nella iurta principale per far la colazione.

Successivamente, con l’aiuto di @frupari — aggiungo un trofeo alla mia personalissima #worldseachallange.

Tra l’altro il giorno della foto è un giorno speciale: è il compleanno di Mamma! Quale miglior foto per ricordarlo.

Non rimane che partire.

Ci aspetta il confronto finale, l’esame da sostenere con noi stessi.

Song-Kul ci aspetta.


Puoi leggere il l’episodio #5 qui.

Se invece vuoi leggere quali sono stati i preparativi per il Kyrgyzstan puoi farlo su questo post.

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