Ucraina: memorie dal passato

Di tempo, da quel viaggio che in un certo senso “mi ha fatto pensare”, ne è passato parecchio.
Di recente ho finito di vedere la serie tv Chernobyl (se ancora non l’avete vista ― una volta finito di leggere questo post ― sapete cosa fare!) e la mente non ha potuto fare a meno di volare a quel Marzo del 2016. L’Ucraina ― con i suoi contrasti, con la sua cultura, con la sua lingua dura, con il suo clima rigido, è uno di quei posti che o si odia o si ama. Non esistono vie di mezzo.

L'8 Marzo 2016

Ricordo ancora le date. Ero partito l'8 Marzo del 2016 su un bus Eurolines intorno alle 17 da Vilnius. La tratta non è tra le più gettonate e di conseguenza anche le compagnie che la offrono non son portate a fornire un servizio di buona qualità. Il bus era un bus normale: niente bagno interno, niente sedili reclinabili, niente macchinetta del caffè. Solo tanta gente. Cambio qualche euro nella banca dell’autostazione di Vilnius, e salgo.

La notte non avevo dormito granchè, complice la scarsa comodità dei sedili. Di tanto in tanto entravo in dormi-veglia, per destarmi poco dopo quando il bus accennava uno stop per permettere ai passeggeri di usare i servizi delle stazioni di servizio.

La frontiera e Lvov

Alle 6 del mattino, finalmente arriviamo. Frontiera. граница ― come dicono i russi. Il cuore batte, non tanto per l’emozione ma per quel che sarà.

Pratiche di rito: tutti scendono con i propri bagagli, tutti in fila in silenzio al controllo passaporti. L’ufficiale guarda il mio passaporto: “Italiano! Buongiorno! Ciao!”. Al lituano dopo di me va peggio e spettano alcune domande precise.

All’alba, il mio passaporto ha un timbro in più. E sicchè ormai la mia identità è stata svelata (verosimilmente l’unico non del posto sul bus) piovono domande indiscrete su dove vada, come vada. Il mio itinerario era stato già deciso in partenza: dalla stazione dei bus di Lvov avrei preso un minibus per Ternopil. Tra l’altro il biglietto ― da acquistare in stazione ― avrei dovuto acquistarlo con poche parole onde evitare la mia identità venisse nota: in Ucraina straniero=dollari o euro, e sarei potuto essere facilmente bersaglio di borseggiatori o raggiratori.

Sul bus ― l’unico english speaker insisteva col dire che il treno, era la soluzione migliore per andare da Lvov a Ternopil quindi prendi il treno, amico mio, ti accompagno io alla stazione. Fidati, amico mio.

Arrivato alla stazione dei bus di Lvov credevo di essere giunto nel dopoguerra. Le cose nuove ― è ormai chiaro ― non sono apprezzate.

All’esterno dell’autostazione

Anche il viaggio tra Lvov e Ternopil riserva emozioni di altri tempi: dal minibus che ― un secondo dopo essere sceso per fare pipì ripartiva a fischio di gomme e per poco mi lasciava abbandonato nel nulla ― ad un pollo (o era una gallina?) che a bordo strada ragionava sul da farsi.

Ternopil

A Ternopil la corsa ultima del minibus è nella piazza del mercato ― dietro la stazione. Mentre scarico la valigia (il portellone del bagagliaio viene tenuto su da un bastone) ― un uomo mi fa, senza che io avessi aperto bocca: “Italiano! io son stato 10 anni in Italia!”. Fortunatamente riesco ad allontanarmi da tutta quella gente poco dopo: la mia preoccupazione più grande era essere scippato.

La città non è bellissima. Ma chi va lì non va per turismo. Però a me piaceva la cultura del vecchio, la rettitudine con cui venivano seguite le orme del passato che lì si respirava. Sembrava di essere in un film sovietico. O dentro Metal Gear.

Retro dell’hotel…in tutto il suo grigiore

Il grigiore domina in ogni angolo, e contrasta con il poco verde che ha resistito al duro inverno.

Nel dubbio ― poi ― avevo preso una deliziosa stanza panoramica al 17° piano del Halychnaya Hotel, un ⭐️⭐️⭐️ in cui l’ascensore aveva i tasti a relè.

Hotel
Hotel

Qui un dettaglio della pulsantiera dell’ascensore:

La vista però è spettacolare e ― come diremmo ora ― davvero instagrammabile.

E con una vista così è impossibile non fare business.

In Ucraina avevo portato il mio fiammante (al tempo) Asus t100chi dotato di doppia tastiera russo-inglese acquistato direttamente a Vilnius. Durata della batteria eccellente, penna, tastiera staccabile e bluetooth, leggerezza, praticità e soprattutto design: il compagno di viaggio ideale. Peccato che a Gennaio di quest’anno abbia deciso di non accendersi più… ancora non ho trovato un degno e valido sostituto.

Il problema principale ― anche in hotel ― è che essendo luogo di turismo soprattutto locale, l’inglese sanno giusto cosa sia. Con una fame da lupi, mi fiondo (con l’ascensore) al piano del ristorante in cui comunico con gesti e Google Translate: carne, maiale, insalata non fave. Ebbene si, son fabico, e mangiare fave anche per sbaglio è l’ultima cosa che avrei voluto.

La mia guida ― Anna ― non mi ha fatto mancare tutto l’aiuto di cui ho bisogno ― regalandomi perfino una SIM Ucraina per le emergenze così da poter essere reperibile sempre. Forse aveva paura mi sarei perso.

Non mi sono mai sentito così costantemente in pericolo come a Ternopil. Ero costantemente in allerta, diffidente. Soprattutto perchè mi era stato suggerito di parlare poco inglese ma non parlare nemmeno russo onde evitare spiacevoli situazioni.

A ripensarci, ci vorrei riandare solo per poter rimangiare quel cibo buono, quella carne saporita, quella buona birra. Sapori che non ho più trovato negli altri viaggi.

Ho trascorso qui 5 giorni, tra lunghe passeggiate, pasti deliziosi e buona vodka.

Il menù ― intagliato nel legno ― ben prometteva

E infatti…Pork!

Il ristorante è stato ricavato da una vecchia prigione

Disperazione al pensiero che “a breve” sarei dovuto tornare

Isola degli Innamorati. Con i colori autunnali non rende quanto quelli estivi.

Nei paraggi dell’Isola

“Centro”

Riflessioni lungo il lago

Piazza principale

E’ proprio di fronte alla piazza principale che ho acquistato i miei souvenir: una cartolina, una spilla, una calamita. Tre piccoli oggetti che accomunano (quasi) ogni viaggio.

Particolare dell’obelisco nella piazza principale di Ternopil

Poi son tornato.

Lvov

Città di inizio del viaggio ma anche di fine. Su suggerimento del mio mentore Anna ― seppur avessi il bus del ritorno alle 18 ― mi metto in viaggio dalla mattina presto ed alle 9 son già sul minibus che mi conduce a mezzogiorno a Lvov. Si apre dunque il più grande interrogativo che affligge ogni viaggiatore ad ora di pranzo: dove mangio?

Avrei potuto prendere un Maršrutka ma tanto meglio una lunga camminata

Prendo il trolley, e cammino ― allontanandomi dalla stazione.
Cammino.
Cammino.
Vedo un potenziale posto in cui mangiare, lo ispeziono dall’esterno…non mi convince.
Intanto la fame aumenta.
Cammino.
Cammino…finchè non arrivo ad un centro commerciale Auchan! E’ qui che ― lo ricordo con piacere ― ho mangiato uno degli hamburger più buoni che abbia mai mangiato, secondo solo a quello che avevo mangiato a Londra qualche mese prima.

Spendo alcune ore, nel centro commerciale. Mi innamoro e gioco con il Samsung Galaxy Note 5, da buon amante dei Note quale sono ― che non è mai stato importato in Europa.

Il piacere del giro dura il tempo giusto, Alle 17, mi avviavo verso l’autostazione.

Avevo un bus da prendere ― alle 17.45, Bus che mi avrebbe riportato in Europa, nella mia (al tempo) Vilnius.

Il Gigante dopo 750km e una notte di viaggio.
Il Gigante dopo 750km e una notte di viaggio.
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