Partiamo dalla foto in copertina. Voi cosa vedete? Io vedo il Giappone e la sua essenza. Facciamo un passo indietro: gli ospedali possono essere pubblici e privati. Ogni cittadino giapponese dispone di assicurazione sanitaria che può includere o no vari benefits, tra cui lo stare comodo e con certi accessori durante la degenza; questo include la propria privacy, il proprio televisore, il proprio spazio e varie altre cose. E’ il paziente che va in un ospedale piuttosto che un altro sulla base di come si troverà durante la degenza oltrechè le skill clinico-chirurgiche del team che lo seguirà.
Il giapponese è tendenzialmente una persona solitaria, timida, individualista. Vuole i suoi spazi, è un suo diritto, e la stanza di degenza non fa eccezione.
Ogni paziente dispone del proprio televisore
Al nostro arrivo per il consueto giro visite, le tende sono chiuse: il team leader saluta, chiede permesso e quindi tutto il team al seguito entra nel piccolo ambiente privato del paziente per condurre la visita del giorno. Il tutto si svolge con toni discreti, il “vicino di letto” non deve sapere per rispetto non solo della privacy ma soprattutto del paziente.
Per via dell’organizzazione del reparto, non è raro nella stessa stanza trovare un paziente cardiochirurgico, uno cardiotoracico, uno internistico, uno gastroenterologico. I bagni sono all’esterno delle camere, mentre nei bracci di comunicazione tra due corridoi paralleli non è raro trovare una serie di lavabi per l’igiene.
Il colore del cartellino nella porta indica l’appartenenza del paziente al reparto. Il nome del paziente è scritto di fianco.
L’organizzazione in mini-ambienti per tutelare la privacy è la condensazione di tutta la cultura giapponese.
Nel frattempo, negli ospedali italiani, nascono rapporti intimi tra pazienti sorteggiati dal caso per condividere la stessa stanza: in certi casi massimo 2, in altri 4 pazienti per stanza.
Alla prossimo articolo 🙂
Siete d’accordo su certe organizzazioni? Scrivetemi cosa ne pensate. Le migliori idee saranno pubblicate.