Dove eravamo arrivati?
Nel precedente post avevo descritto a grandi linee quel che è stato il mio tour a Tokyo in compagnia di Hanta, prima collega e poi a fine avventura amico vista la cura con cui si è preso cura di me.
Però a Tokyo ci son stato 10 giorni appena. La maggior parte dei tre mesi li ho trascorsi a Miyazaki (la Cagliari giapponese), in cui ho conosciuto una cultura del rispetto e dell’altruismo ineguagliabile.
Una volta compreso il meccanismo di funzionamento dei bus urbani, spostarsi è diventato un po’ più semplice. Dove non arrivava la bicicletta, arrivavano i bus.
Oltre a panorami spettacolari, credenze antiche e storie al confine con la spiritualità.
Tempo libero
A pochi km di distanza (biking distance) da bellissimi posti come Aoshima, ottimo posto per pensare, studiare, progettare. Ovviamente in compagnia di ottima birra locale.
Non lontano da Aoshima, le “rocce a lavatoio”.
Ma non c’è solo il mare.
Un particolare che salta subito all’occhio è il verde. Il verde vivo della natura, ovunque.
E a pochi km di distanza da Miyazaki, il ponte di Aya permette di immergersi nel verde della natura giapponese.
La città è come un bomboniera. Ci si immerge nella vera tradizione. Si respira tradizione. Si mangia tradizione. Il tempo sembra essersi fermato nei centri “storici”, che storici non sono essendo stati distrutti per la maggior parte durante la II Guerra Mondiale.
Il cibo
I miei pasti son stati prevalentemente consumati nella mensa universitaria in cui ho avuto la possibilità di conoscere grandi persone. Raramente ho mangiato nel ristorante interno all’ospedale, più frequentato dai medici che per praticità e per tipo di menù lo preferivano rispetto alla mensa degli studenti, più spartana.
Anche se non sono mancati pasti in ristoranti tipici.
Ed ovviamente non è mancato il pesce crudo, come da tradizione. Il cuoco mi ha solo chiesto se avessi qualche preferenza sui pesci esposti….nell’acquario.
Ed infine c’è lui. Il mio ramen preferito. Il tomato ramen!
La scuola
Ho avuto l’immensa fortuna di essere portato all’interno di una scuola superiore giapponese in occasione del suo centenario e dell’apertura dell’anno scolastico (e qui è doveroso un saluto a Miss Narumi: a
Quel che salta all’occhio ancora una volta è la disciplina.
Durante l’open school ho potuto partecipare a varie iniziative. Dai laboratori di cucina a quella che più mi è rimasta nel cuore per solennità: il rito del tè.
Il meteo
Da giugno a ottobre è tempo di tifoni. Non uno. Non due. Molti.
Ma come accade sempre, dopo la tempesta arriva sempre il sereno.
Durante l’allerta meteo evitavo di uscire per via della pioggia violenta e del forte vento. Con qualche giorno di anticipo, acquistavo provviste per i giorni in cui non sarei potuto uscire.
Questo è l’ultimo post sul Giappone.
Spero di avervi trasmesso almeno un minimo le stesse emozioni provate da me in questi mesi. Che, a pensarci bene, mi fanno venire il desiderio di ritornarci domani stesso!