Ho deciso di suddividere il viaggio in Giappone in due post separati perchè difficile riassumere il Giappone che conosciuto a Tokyo da quello che ho conosciuto nell’estremo sud dell’arcipelago, nell’isola di Kyushu, nella città che son solito definire come “la Cagliari del Giappone”. Troppo diversi.
Il prossimo post descriverà quello che è il Giappone oltre Tokyo.
Tokyo
Nei momenti successivi all’atterraggio, dopo il lungo volo, ancora una lunga strada di tapis roulant e bivi all’interno dell’aeroporto vi separa ancora dai controllo immigratori.
Dopo aver passato con successo i controlli immigratori, aver applicato il visto turistico direttamente in loco, decido di fermarmi qualche minuto in una poltroncina ad osservare le persone, come un bambino guarda una vetrina di giocattoli.
Ovviamente non da solo.
Sono ancora un po’ incerto se essere davvero atterrato in Giappone e non in un’altra città del sud-est asiatico (giapponesi, cinesi e sud coreani rimangono per me ancora identici)…
Finchè i momenti successivi alla birra non mi danno l’assoluta conferma: sono in Giappone!
Purtroppo la mia destinazione ultima non è (ancora) Tokyo, ma una cittadina dell’estremo sud del Giappone che con simpatia ed affetto chiamo la Cagliari giapponese.
A Tokyo tornerò solo un mese dopo, e solo allora saranno chiare le enormi differenze culturali esistenti tra una metropoli veloce, frenetica, futuristica ed una cittadina di 300ooo abitanti (dove trascorrerò 3 mesi), più in periferia e dove il tempo scorre più lento ed in modo più piacevole.
La partenza
Il mio primo viaggio a Tokyo è iniziato all’alba, ora del decollo: 6.30. Per essere lì puntuale, ci sono andato in bicicletta: 10km nelle campagne giapponesi con l’aria frizzante mattutina.
E, una volta arrivato, ho parcheggiato negli stalli appositi disponibili a due passi dall’aeroporto.
Ho usato una catena per assicurarmi di trovare la bici al mio ritorno, ma solo per scrupolo personale. Le altre bici erano senza catena.
Dopo, è solo Tokyo. Tokyo. Tokyo.
La città
Non basterebbero un milione di parole e centomila foto per descrivere Tokyo meglio di quanto è stato già fatto in tutto le lingue ed in tutti i modi. Per capire che intendo, la soluzione è solo una: visitare Tokyo.
Una città in cui nuovo e antico convivono, si costruisce il nuovo senza perdere di vita la tradizione.
Non è quindi strano che ci sia un quartiere denominato Città elettrica
e a “poche” fermate di metro un tempio per propiziare il futuro e pregare.
Il tour è stato in compagnia di un collega giapponese (che non potrà mai leggere questo post, comunque: ciao Hanta!) che mi ha portato in luoghi meno turistici, in mezzo a studenti, a persone del luogo per vivere, almeno per qualche ora, come un vero giapponese fa.
I due signori accanto si sono uniti a noi a metà pranzo, vincendo ogni regola sociale, per unirsi alle nostre conversazioni in inglese. Abbiamo mangiato e bevuto sakè. A fine pasto, hanno insistito per offrire loro la cena. Si usa così, dicevano: i “vecchi” hanno un dovere sociale e morale verso le nuove generazioni.
Una cosa che non manca a Tokyo son le persone. 13 milioni di persone che ogni giorno si spostano, mangiano, consumano ma…non sporcano.
Ma come fanno? Sanno fare la fila
Se mi chiedessero qual è stato però il posto in assoluto che mi ha lasciato senza parole risponderei senza pensarci troppo lo Skytree.
Il panorama di cui si gode è infinito nel verso senso della parola.
PS: per chi si fosse chiesto dove ho dormito a Tokyo, la risposta potrebbe essere scontata o sorprendente a seconda dei punti di vista.
Chi di voi è stato in Giappone? Le emozioni provate corrispondono a quelle che ho provato io?
Nel prossimo post la mia esperienza giapponese in quella che è stata la mia esperienza culturale in una città meno turistica e più rurale del Giappone!