Kyrgyzstan: Karakol e la valle di Kyzyl-Suu

Ep. 3

Si potrebbe dire che il nostro viaggio in Kyrgyzstan inizia effettivamente da questo punto in poi; ci lasciamo dietro tutti i comfort ed il benessere della città per iniziare un percorso che ci porterà a confrontarci con noi stessi, con la stanchezza data dalla guida, con strade malmesse che appaiono infinite — per nulla segnalate o in sicurezza.

Siamo emozionati ma anche un già un po’ stanchi — ed è proprio in questo momento che ringraziamo di avere entrambi la patente convalidata per la guida in Kyrgyzstan. Ciò ci permette di alternarci spesso alla guida e di non stancarci eccessivamente.

Anche perchè, altrimenti, come avrei potuto godermi certi paesaggi mozzafiato, certi trionfi di colore?

Da Cholpon-Ata a Karakol

Cholpon-Ata è la destinazione turistica più in di tutto il Kyrgyzstan; nel periodo estivo tutto il turismo “fugge” dalla città, in cui le temperature salgono senza pietà — e va a cercare refrigerio lungo le rive del lago Issyk-Kul.

Attenzione: autovelox
Attenzione: autovelox

Il lago Issyk-Kul prende il nome dalla sua forma, che ricorda un occhio.

In lingua kirghiza, però, ha un altro significato: lago caldo.

E’ una bella giornata primaverile, a tratti estiva. La vicinanza con quell’enorme specchio d’acqua ci fa dimenticare, per un momento, di essere in uno Stato senza sbocco sul mare, nel mezzo di una catena montuosa la cui valle ha permesso il formarsi del terzo lago salino per estensione al mondo.

Mentre il percorso da Bishkek a Cholpon-Ata è tutto sommato da quasi 5 stelle, con strade larghe, ben asfaltate, addirittura con dei tratti a quattro corsie che si snodano in gole e valichi — da Cholpon-Ata a Karakol il Kyrgyzstan come ce l’eravamo immaginato inizia a manifestarsi per quello che è: le strade iniziano a diventare meno curate, il margine asfaltato sempre più sfumato verso la cunetta polverosa, segnaletica orizzontale di conseguenza assente, mezzi agricoli e mezzi trainati da forza lavoro animale.

Ciò ci obbliga, un po’ perchè il paesaggio è davvero bello, un po’ perchè ci si stanca velocemente alla guida — a fare frequenti pause.

Guidare in queste strade non è difficile; non sono granchè trafficate e il traffico è, fatta eccezione per qualche pazzo spericolato, abbastanza ordinato.

Alterniamo strade decenti a strade malmesse, con buchi (quando non crateri) e la parte laterale di entrambe le corsie ormai sgretolato che è diventato un tutt’uno con la cunetta.

Per proseguire è necessario guidare in prossimità della mezzeria, e spostarsi a lato al sopraggiungere in senso opposto di un altro mezzo.

Questo percorso ci da la possibilità di vedere un Kyrgyzstan che riconosciamo come vero, autentico, genuino, senza make-up indotto dalla mercificazione del turismo o dall’esaltazione dell’apparenza.

Ci colpisce in particolare il vedere i bambini, in divisa, che tornano da scuola, da soli, con diligenza ed ordine!

E’ in quel momento che riconosciamo di essere in uno spaccato autentico di viaggio.

Durante il viaggio il drone è costantemente in ricarica, tra un volo e l’altro.

Drone in carica
Drone in carica

Villaggi piccoli, con una strada mediana asfaltata e tante vie collaterali sterrate, con ai margini della strada case di varie forme e struttura — ma tutte accomunate da un unico comun denominatore — una dignitosa poverà — si alternano a tratti di strada in cui la notte si fatica a comprenderne non solo i margini, ma anche la direzione.

Karakol da Cholpon-Ata dista appena 150 km, circa 3 ore di auto.

Partiamo da Cholpon-Ata nel primo pomeriggio e decidiamo, poco dopo la partenza, di fermarci a mangiare al sacco, in una stradina costellata da alberi rigogliosi, che delimitavano un campo di erba gialla — che conduceva a quel che sembrava una cascina. Mangiamo con quel che abbiamo — un panino ed una coca-cola, un po’ come degli improvvisati, sedendoci un po’ sul baule posteriore (il cui paraurti è completamente impolverato), un po’ su delle pietre di fortuna nei paraggi. Il viaggio si sta snodando, stiamo progredendo con l’itinerario secondo la tabella di marcia, siamo contenti e soddisfatti su quel che fin lì i nostri occhi hanno visto: un ambiente differente dall’Uzbekistan, più affine a noi di quel che ci saremmo aspettati.

Ponte per il check del sotto-scocca
Ponte per il check del sotto-scocca

Lungo il percorso varie aree di parcheggio, sia in un senso di marcia che nell’altro, con dei ponti per poter salire con l’auto ed eventualmente, aggiustarla.

Arriviamo a Karakol poco prima di sera.

Ad aspettarci una grossa stele con su scritto Karakol, all’incrocio di ingresso alla città.

Seguiamo il navigatore ed arriviamo a destinazione.

Nell’hotel ritroviamo lo stesso bus con a bordo tedeschi che precedentemente avevamo incontrato nella torre di Burana.

Perchè Karakol

Karakol
Karakol

Karakol è presente nella maggior parte degli itinerari che si snodano attorno al lago Issyk-Kul sia perchè è uno dei centri più grossi attorno al lago (è la quarta città del Kyrgyzstan per popolazione) sia perchè è il capoluogo della regione dell’Issyk-kul. In virtù del suo ruolo demografico, offre tutta una serie di servizi e comfort che, nel nostro caso, erano graditi, primi tra tutti vari supermarket (con scelta alimentare) ed hotel (invece che solo guest-house come invece i restanti centri limitrofi).

Dove soggiornare

L’offerta di Karakol è abbastanza varia e capace di soddisfare sia gli amanti delle guest-house a conduzioni familiare sia i viaggiatori più esigenti in termini di comfort.

A questo punto del viaggio venivamo da tre giorni in cui avevamo cambiato un hotel per notte, quindi nel nostro caso era mandatorio un posto in cui poter riposare e fare il punto della situazione, prima della seconda parte del viaggio che sarebbe stata quella che, in teoria, ci avrebbe dovuto mettere più in difficoltà per quanto riguarda il lato cibo e alloggio.

La nostra scelta ricade quindi quasi obbligatoriamente sul Karagat Hotel.


Non possiamo di certo lamentarci per quel che è stata la nostra permanenza: il personale receptionist è stato più che cordiale, dandoci indicazioni (rivelatesi poi tuttavia sbagliate e facendoci anche rischiare una sanzione di 5000$).

La colazione un po’ povera rispetto a quelle di Almaty e Bishkek (il vero plus è stato tuttavia la presenza di pizza nel buffet della colazione!)

La camera spaziosa, con un bel terrazzo da cui si poteva ammirare parte della catena montuosa del Tian Shan, a Est.

Cosa fare

Arriviamo poco prima di sera, intorno alle 18:30/19. Facciamo il check-in all’hotel e decidiamo di andare verso le rive del Lago Issyk-Kul per aspettare il tramonto.

Le rive dell’Issyk-kul

Per farlo ci dirigiamo verso la frazione di Pristan-Przhevalsk (che deve il suo nome ad un geografo russo seppellito nei suoi pressi), sulle rive del Lago. Vediamo un Kyrgyzstan diverso, quasi “marittimo”. Immaginiamo le sue rive piene di gente che cerca refrigerio, ad Agosto nelle ore più calde — ed ora invece pressochè vuote, con solo qualche famiglia con i figli che si divertono a correre sulla spiaggia (che, definirla sabbia, mi pare di fare un torto alle spiagge a cui siamo abituati).

Villaggio di Pristan-Przhevalsk
Villaggio di Pristan-Przhevalsk

Facciamo varie foto, con @frupari in pressing per rincasare quanto prima.

Da Karakol potrete arrivare al lago Issyk Kul tramite vari percorsi ma, se arriverete al nostro stesso orario, lo spettacolo sarà comunque uguale.

Tramonto sul lago Issyk-Kul
Tramonto sul lago Issyk-Kul

Ceniamo con due confezioni di noodles acquistati nella Stazione dei Treni di Pavia poco prima della partenza, per tenerli come scorta, sapendo che prima o poi ci sarebbero serviti.

Non erano strettamente necessari, ma per una volta non ci andava di impazzire a cercare nè un supermarket nè un ristorante che rispecchiasse i nostri (difficili, va detto) gusti.

Sulla via del ritorno attacchiamo il bollitore a 12v che in circa mezz’ora porta l’acqua al suo interno a 100 gradi, giusto in tempo per salire velocemente in camera per riempire le ciotole dei noodles.

Dove mangiare

Karakol offre varie possibilità capaci di soddisfare i gusti più vari in quanto a ristorazione.

A parte l’abbondanza di supermercati, aperti talvolta fino alle 23 o addirittura h24 — in cui troverete dal pesce alla carne già pronti da mangiare, a sandwich ed altre prelibatezze — anche per quel che riguarda i ristoranti non lascia nulla al caso.

Quel che ha catturato immediatamente la nostra attenzione è Dastorkon: buone recensioni, ristorante tipico.

L’esperienza è stata ottima! Abbiamo dovuto attendere un quindici minuti che si liberasse un tavolo ma ne è valsa decisamente la pena.

La cena è stata allietata da canti kyrgyzi accompagnati da strumenti rudimentali.

Ovviamente non ho resistito ed ho optato per uno shashlik (l’ennesimo dall’inizio del viaggio).

All’uscita — l’amara sorpresa: una ruota a terra.

Per fortuna l’auto aveva a disposizione nel kit di sopravvivenza anche un mini compressore che ci ha permesso di gonfiarla il tanto sufficiente per ritornare in hotel.

Visitare Karakol

Non abbiamo girato granchè a Karakol, ma solo per mancanza di tempo.

Curioso però come soltanto le vie principali siano asfaltate; le vie secondarie, di quartiere — sono sterrate.

Dapprima rimaniamo stupiti, ma ricordiamo che anche in Italia — fino a 60 anni fa — alcune vie di molti paesi erano sterrate (e, se proprio dobbiamo dirlo, rimangono ancora ora tali!)

Escursioni

Karakol è la base ideale per una serie di escursioni one-day o su più giorni, in base ai vostri desideri o programma.

Kyzyl-Suu

Sarà una giornata entusiasmante. Già lo sappiamo.

La vallata di Kyzyl-Suu

In base a quanto riportato sul libro Explore Kyrgyzstan questo itinerario era perfetto sia per durata che per skill richieste: non siamo abili hikers o off-roaders, motivo per cui con una difficoltà riportata di 2 su 5 ci sembrava un buon compromesso per quel che riguarda la difficoltà, la durata e la complessità del percorso — da fare ovviamente in auto.

Se deciderete di fare un percorso simile al nostro (magari in auto — v. oltre), il tutto vi occuperà circa mezza giornata (ammesso di partire all’alba e non alle 10).

La valle di Kyzyl-suu, che geograficamente si trova esattamente ed immediatamente dopo (verso Est) la valle di Jety-Oguz, inizia a mostrare le sue rocce rosse in anteprima di quello che poi sarà praticamente il leit motiv delle valli successive, sino a Skazka.

In caso decidiate di spingervi oltre la Stazione Metereologica ed usare la zip-line per guadare il fiume — dopo un percorso trekking di 10-12 km — vi ritroverete nella valle di Jety Oguz.

Vallata di Kyzyl-Suu vista dal drone
Vallata di Kyzyl-Suu vista dal drone

In tal caso potreste aver bisogno addirittura di più di un giorno.

La gola della valle, nei cui pressi sorge una guest-house — dista circa 50km — un’ora e mezza abbondante percorso in auto.


Ci avventuriamo lungo la valle, attraversando alcuni ponti dalla dubbia affidabilità e sicurezza, finchè non arriviamo alla Gola di Chon-Kyzyl-Suu.

Le immancabili toilete a forma di cabina, costruite con materiale di recupero, permettono di realizzarsi a diretto contatto con la Natura in un momento catartico.

A questo livello incontriamo altri traveler, sia locals sia forestieri — con i quali ci confrontiamo. Capiamo che sia un ultimo faraglione prima dell’infinito ignoto dalla presenza della guesthouse.

Guest-house e le hot springs
Guest-house e le hot springs

Nei paraggi troverete anche una hot springs con acqua naturalmente calda; non ci siamo informati perchè, visto il vascone e le sue condizioni, ci è passata ogni fantasia. Per i più coraggiosi sarà necessario chiedere all’interno della guesthouse.

Facciamo un attimo il punto della situazione: siamo in viaggio già da due ore, e siamo in quello che dovrebbe essere l’ultimo tratto del percorso carrozzabile anche da auto classiche; da qui in poi dovrebbe iniziare il sentiero per cui è necessaria un auto più potente.

Ci dicono che solo la parte iniziale è particolarmente complessa per via delle rocce ma che dopo il sentiero è rappresentato da terra battuta e facilmente carrozzabile.

Decidiamo di fidarci, e ci avventuriamo — ma poco dopo (non senza difficoltà!) siamo obbligati a far retromarcia perchè la ripidità e le rocce presenti sulla strada non permettono al nostro Land Cruise di procedere. Avesse avuto delle marce ridotte, forse sarebbe stato fattibile, ma senza avremmo sforzato il veicolo per nulla — con il rischio, per giunta, di rovinarlo o, peggio, rompere qualcosa di vitale — il che ci avrebbe compromesso tutto l’itinerario!

Come camminiamo e risaliamo il letto del fiume — non ci rendiamo conto di quanto la valle sia immensa, maestosa.

Solo con il drone, di tanto in tanto fatto volare, realizziamo quanto sia sconfinata.

Decidiamo quindi di parcheggiare il Land Cruise nei pressi della gola e di fare il percorso a piedi — almeno fino alla Stazione Meteo.

Ci lasciamo alle spalle gruppi di turisti russi che organizzano fuochi e grigliate e l’ambiente pian piano cambia, seguendo il sentiero di terra battuta — perfettamente carrozzabile (su cui un paio di volte dobbiamo fermarci per far passare delle auto che, invece, sono state più coraggiose di noi) lungo il fiume.

Impossibile rimanere indifferenti ad una Natura così cruda, dura, spietata — ma che si manifesta a noi come pura ed innocente, come un bel fiore che ti invoglia ad essere colto ma che, appena preso in mano, ti punge e ti fa male.

Il paesaggio mi ricorda a più riprese ed in più punti quello della Norvegia: corsi d’aqua, infiniti fiumi, conifere, erba verde.

Alla fine però, prima di arrivare alla stazione meteo, ci arrendiamo. Ci fermiamo nei pressi del camp site (ovvero un’ansa della vale più ampia e spaziosa in cui, forse, poter montare la tenda), mangiamo qualcosa, riflettiamo sulla strada fatta e prendiamo l’unica decisione che forse andava presa: tornare indietro.

Ma prima, piccolo volo con drone .

Dall’alto si può ben capire la geometria della valle, i giochi del fiume, e le conifere spettatrici perenni di quello spettacolo della Natura.

Un albero caduto a ponte tra le due sponde del fiume mi offre l’assist per proporre, questa volta a @frupari , il mio solito ma grande dilemma: Un albero che cade in mezzo alla foresta produce rumore se nessuno è nei paraggi per sentirlo?.

Il dilemma in una foto
Il dilemma in una foto

Nessuno fino ad ora è riuscito a darmi una risposta soddisfacente e convincente.

Nel frattempo metri cubi di acqua gelata scorrono fragorosamente, ogni secondo, sempre.

Il meteo era un po’ incerto, motivo per cui ci eravamo portati dietro anche ombrello ed indumenti di ricambio/impermeabili, e possiamo dire di essere stati estremamente fortunati: un clima mite, primaverile, anche in quota.

Dall’alto la valle è ancora più spettacolare. L’aria è fresca, il silenzio è rotto solo dal fragore con cui i fiumi frangono sulle rocce nella loro inarrestabile discesa verso il lago Issyk-Kul.


Sulla via del ritorno incontriamo un ragazzo — un giovane — che con zaino in spalla si recava in direzione opposta alla nostra.

Lo fermo, preso dalla curiosità. Era irlandese. Mi racconta dei suoi progetti, di quello che era il suo itinerario. Viaggiava da solo perchè la sua compagnia era abbastanza, ed amava la solitudine del suo percorso con cui si ritrovava. Il suo programma era arrivare fino al camp site e lì montare la sua tenda, per poi l’indomani continuare il suo percorso fino alla valle adiacente.

Un po’ impressionato da tanto coraggio, un po’ incuriosito — gli ho chiesto se non avesse paura nel dormir, da solo, in un posto sconosciuto con animali forse anche pericolosi.

“No” — mi risposte. Era tranquillo.

Beato lui.


Torniamo al parcheggio e decidiamo di pranzare — anche se l’orario era più da merenda.

E decidiamo che, non sazi dell’esperienza — anche se sommariamente tutte le valli di quella zona sarebbero potute essere simili — ci sarebbe piaciuto esplorare, o almeno tentare di esplorare — la valle di Altyn-Arashan.

Altyn-Arashan

Conclusa l’avventura nella valle di Kyzyl-Suu, e con ancora alcune ore di luce (in verità non tante, ma non volevamo comunque sprecare ciò che rimaneva del giorno) — non volendo spingerci fino alla valle di Jety Oguz che invece avremo visto l’indomani — decidiamo di tornare indietro fino a Karakol — e da lì avventurarci nella valle di Altyn Arashan.

Altyn-Arashan significa, in lingua kirghiza, “la fonte dorata”. E’ una valle nei pressi di Karakol, a circa 10 km.

Si trova ad un altitudine di circa 3000 metri ed oggi è abitata da animali selvatici e nomadi. Qui torverete sia acqua ghiacciata, proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai, sia acqua termale, incanalata a formare delle hot springs naturali.

Potete trovare maggiori informazioni qui.

Ci rendiamo però ben presto conto che la strada è molto più impervia della valle di Kyzyl-Suu, e le tenebre iniziano a calare sempre più velocemente.


E’ avventurandoci in questa valle, su indicazione del receptionist dell’hotel che ci aveva detto che addirittura ci si poteva arrivare in taxi — che abbiamo rischiato una sanzione di 5000$.

Valle di Altyn-Arashan
Valle di Altyn-Arashan

Al momento del noleggio ci è stata fornita anche una mappa con i luoghi vietati da raggiungere — e la violazione di queste aree avrebbe comportato una sanzione di 5000$ — considerando che l’auto era dotata di GPS.

Non conoscendo benissimo le zone, essendoci state descritte come impervie e pericolose, non ci è sorto minimamente il dubbio — di ritorno dalla valle di Kyzyk-Suu — che quella strada all’apparenza non così brutta (in confronto a quanto visto poco prima) fosse in verità tra le zone vietate.

Il motivo — a posteriori — ci verrà detto alla riconsegna dell’auto (con tanto di nostre scuse) in quanto, la precedente stagione, un’auto era andata distrutta ribaltandosi in un percorso scosceso che di lì a poco avremo incontrato anche noi.

Non ci è rimasto che fermarci — una volta realizzato che eravamo, seppur di poco, in area vietata.


Sulla via del ritorno, i vari villaggi (che oserei più definire paesi, considerata la grandezza) si manifestano in tutto il loro folklore e forza di appartenenza, quasi a convincere chi di passaggio della loro bellezza; come se ce ne fosse bisogno.

Jety-Oguz e i 7-bulls rocks

La valle di Jety Oguz si trova a 30km da Karakol; in circa 20 minuti potreste essere al cospetto delle Seven bulls rocks — le rocce dei Sette Tori.

Cammello nella valle di Jety-Oguz
Cammello nella valle di Jety-Oguz

Il nome deriva dalla particolare conformazione della montagna che, così sagomata, ricorda il dorso di 7 tori messi l’uno di fianco all’altro.

Nei loro pressi — un sanatorio.


Per poter ammirare le rocce in tutta la loro grandezza salite sul promontorio alla vostra sinistra, quando arriverete nel piazzale antistante l’ingresso al sanatorio.

Informazioni utili

In caso ne abbiate necessità — nei pressi del Karagat Hotel troverete vari gommisti — tra cui quello cui ci siamo dovuti rivolgere durante la nostra permanenza e che per 500Som (circa 5€) ci ha aggiustato la ruota anteriore destra, che ha iniziato a difettare su una precedente riparazione.


Questo è stato l’unico nostro giorno “pieno” disponibile per esplorare i paraggi di Karakol e come da programma l’abbiamo usato per esplorare la valle di Kyzyl-Suu seguendo le indicazioni della route #9 del libro Explore Kyrgyzstan . Siamo stanchi ma estremamente appagati dei paesaggi che abbiamo avuto la possibilità (e fortuna!) di contemplare.

La notte al Karagat hotel sarà anche la nostra ultima notte in albergo prima della tanto attesa tappa critica: l’indomani ci avrebbe aspettato la valle di Jety Oguz, le cascate di Barskoon e lo Skazka canyon.

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