Kyrgyzstan

Song-Kul e la ricerca di KD

Ep. 5

Partiamo. Sappiamo che stiamo andando incontro alla tappa critica del viaggio. Ogni viaggio ha per definizione una tappa critica: è quella fase del viaggio un po’ più complessa delle altre, in cui varie cose potrebbero andare male oppure ci sono più cose da gestire contemporaneamente ed il margine di errore è maggiore.

Il percorso da Tong a Song kul
Il percorso da Tong a Song kul

Questa è una di queste.

Questa è la giornata che da Tong, villaggio con tutti i servizi — ci porterà sull’altipiano del lago Song-Kul in cui saremo solo noi, le nostre provviste, le nostre capacità di problem solving e di adattamento — oltre alle nostre capacità comunicative di russo: lassù non funziona internet.

Staremo per quasi due giorni senza poter comunicare con il mondo esterno, o poter comunicare in caso di pericolo. E’ in queste situazioni che ci si rende conto quanto l’uso di internet — che in certe circostanze banalmente si traduce nell’uso del traduttore online o del video su Youtube che ci aiuti a fare una certa cosa — sia ormai estremamente radicato nella nostra quotidianità.

In questi due giorni dovremmo farne a meno. E tante cose, lassù, possono andare storte.

E andranno storte.

Ma procediamo con ordine.

Poichè sarete in montagna, con un altitudine media sui 3000mt slm, il sole vi brucerà senza pietà.

Una buona strategia sarebbe dunque di munirsi di crema solare o di maglia a maniche lunghe apposite onde evitare bruciature (come nel nostro caso).

Dove dormire

Potrà sembrare banale ma mai, come in questo caso, dovrete prenotare un alloggio onde evitare di rimanere senza un tetto per dormire.

Che poi, probabilmente un tetto lo trovereste comunque, ma orientarvi al buio, senza riferimenti e senza strade, senza sapere dove sono i vari campi di iurte — potrebbe essere una delle cose più difficili da fare.

Abbiamo in mente la direzione da prendere una volta raggiunta la cima e vediamo numerosi iurt camp che potenzialmente ci potrebbero accogliere, ma ci facciamo ammaliare dall’ Azamat Iurt Camp per la presenza dell’acqua calda, della luce all’interno della iurta e di toilet con wc — che però si trova in direzione (Nord) esattamente opposta alla direzione verso cui ci saremmo diretti (Ovest).

Confidiamo però sul fatto che potremmo finire di circumnavigare il lago… ma mai ci saremmo aspettati una tale vastità con chilometri e chilometri e con tempi di percorrenza davvero estremi che rendono le distanze ancora più complesse da colmare.

Questo campo non lo suggeriamo nè lo sconsigliamo ma, in base al vostro itinerario, considerata l’ubicazione all’estremo Nord con un’unica via di accesso, a meno che non siate di passaggio magari seguendo la route #16 potrebbe non essere un buon compromesso.

Il percorso

Dopo aver visionato i vari percorsi possibili, di cui tre segnalati sul libro Explore Kyrgyzstan come off-road, decidiamo di percorrere quel che, almeno sulla carta, sembrava essere il più carrozzabile.

Quattro differenti percorsi

Troviamo quattro itinerari, di cui tre offroad: sono le route #15 (Song-Kul da Est), route #16 (Song-Kul da Ovest) e route #17 (Song-Kul da Sud). In più le mappe indicano una strada o comunque un percorso apparentemente carrozzabile (confermatoci anche dall’agenzia di noleggio), sempre da Est.

Il nostro percorso

Come detto anche in passato non siamo esperti di fuoristrada. Si potrebbe dire che la nostra prima esperienza in prima persona con l’off-road è stata proprio questa in Kyrgyzstan.

Proprio per questo non abbiamo voluto osare ma anzi abbiamo preferito percorrere sempre le strade più semplici ma — non per questo — meno panoramiche.

Da Tong puntiamo verso Kochkor e da lì seguiamo le indicazioni per Naryn. Dopo circa 40km da Kochkor in direzione Naryn troverete una delle tre strade disponibili per arrivare fino a Son Kul.

Non facciamo in tempo a lasciarci sulla destra gli ultimi bracci d’acqua del Lago Issyk-Kul che subito ci imbattiamo in un nuovo altipiano, per lo più lagunare, con la strada che si snoda alla sinistra della pozza d’acqua.

In profondità — vari animali pascolano in libertà, pace, tranquillità, quasi fuori dal tempo.

Gli spazi sono infiniti. Ce ne rendiamo conto anche solo con la vista, per il fatto che il nostro occhio non deve continuamente mettere a fuoco oggetti vicini ma, anche vagando verso l’orizzonte, non si riesce ad intravederne la fine.

Siamo davvero piccoli rispetto alla Natura che, imperiosa, ci circonda — e ci osserva, durante il nostro viaggio, silenziosa.

Approfittiamo di un attimo di pausa per far vagare un po’ il drone, mentre siamo bordo strada della A365 poco dopo quello che, su Google Maps, è segnato come il confine della regione Issyk-Kul con la regione di Naryn.

La strada peraltro non solo sembra particolarmente nuova ma, fatta eccezione per cartelli o segnaletica orizzontale che di notte con i fari fiochi dell’auto è quantomeno essenziale — anche buona.

Ci rendiamo presto conto del perchè: per strada incontriamo tantissimi camion merci cinesi che transitano attraverso il Kyrgyzstan per portare le merci in Kazakhstan e probabilmente fino alla Federazione Russa.

Questa strada fa probabilmente parte di un’opera di ammodernamento delle infrastrutture (che abbiamo incontrato da Karakol a Tong) per migliorare il trasporto delle merci dalla vicina Cina.

Arriviamo a Kochkor e decidiamo, verso la periferia, di fare il pieno ad entrambi i serbatoi del nostro Land Cruise mettendo in pancia ben 90L nel primo serbatoio + 40L nel secondo serbatoio.

Siamo fiduciosi ci bastino ma, se anche non fosse, ci mettiamo come limite ¾ di serbatoio: se a ¾ di serbatoio ancora non abbiamo raggiunto la sommità, con la benzina rimanente, in discesa, non avremmo problemi a tornare nel centro abitato più vicino.

Dopodichè, partiamo. Direzione Naryn.

Direzione: Song Kul
Direzione: Song Kul

Ci lasciamo l’ultimo villaggetto alle spalle.

Nel giro di breve, ci troviamo in modo quasi claustrofobico sovrastati da montagne immense, nella cui valle si snoda la strada che stiamo percorrendo.

Dopo circa 40 km di strada, ben tenuta, ben strutturata, con curve mai aspre ma sempre dolci ed ampie, arriviamo all’incrocio che stavamo cercando, desiderando ed anche, in un certo modo, temendo — scarsamente segnalato da cartelli, ma sicuramente ben presentabile.

Il segnale del telefono l’abbiamo perso ormai da circa un’ora: abbiamo inviato l’ultimo sms a casa in periferia di Kochkor.

Ci assale per un attimo un brivido: ansia misto ad un senso di solitudine tecnologica. Da circa un’ora siamo solamente noi, noi stessi, il nostro problem solving, le nostre mani.

La salita

Riconosciamo il “cancello” di ingresso che segna l’inizio dell’avventura. Il cellulare non prende già più da svariati km. E’ ora di pranzo e decidiamo di mangiare in quel che sembra a tutti gli effetti una linea di partenza.

Abbiamo il nostro thermos 12V in funzione da un po’ ed arriviamo che l’acqua è praticamente in ebollizione.

Organizziamo un’area per pranzare sfruttando un tavolo sotto la pensilina che probabilmente fungeva, in tempi URSS, come stop degli autobus — e mangiamo.

La strada ci aspetta.

Anche se sterrata le condizioni sono comunque accettabili. E’ possibile tenere una buona andatura, e sappiamo che ci attendono 50km per arrivare alla sommità, più probabilmente il doppio per esplorarlo.

L’andatura lenta, con alla guida @frupari — mi consente di ammirare le cime delle montagne, le loro asperità ma anche le curve dolci che la terra compie prima di inasprirsi verso il cielo.

Sulla mappa sembra una piccola zona, ma più ci addentriamo e saliamo e più ci rendiamo conto di quanto, anche qui, gli spazi siano sconfinati

Alterniamo salite, anche ripide, quasi a strapiombo — senza alcuna protezione — con la scarpata ed il diruppo a destra e la spalla della montagna a sinistra, in cui guidare con calma e pazienza — nei tratti di altipiano, che ci fanno illudere di essere lì lì per arrivare.

La tratta con i tornanti, potenzialmente pericolosa soprattutto in caso di piogge perchè la spalla della strada o del costone della montagna potrebbe cedere — in verità si rivela abbastanza semplice da percorrere, pur con le dovute cautele ed andatura.

Continua la nostra salita finchè non arriviamo a questo cancello. Sono circa le 15:30, il cancello è chiuso ed è addirittura legato. Come fosse una proprietà privata o un’area inaccessibile… pensiamo che forse è stato chiuso per via dell’inizio della stagione invernale, e ci rattristiamo. Tanta fatica, tante speranze, tanti sogni che si infrangono, tutti insieme e contemporaneamente, su un cancello chiuso.

Cancello sulla sommità
Cancello sulla sommità

Ci penso un attimo e poi agisco: mi avvicino al cancello, slego la fune, faccio cenno a @frupari di passare. Nel frattempo arriva un camion da bestiame in direzione opposta. Ansia. Finchè non passa pure lui e… mi fa cenno con la mano come per ringraziarmi di avergli aperto il cancello.

Risalgo in macchina e faccio cenno: andiamo!


Non tardiamo a capire a cosa effettivamente il cancello possa servire… forse a recintare il bestiame?

Dopo averlo attraversato scorgiamo un piccolo pascolo praticamente ovunque ci giriamo.

Delle vecchie foto

In cima

La sommità è come l’avevo immaginata e sognata: strade sconfinate che conducono in posti ignoti. La strada come percorso della vita, la macchina come mezzo di conoscenza e di esplorazione.

In mezzo, il niente ed il silenzio.

Abbiamo constatato di non essere gli unici a trafficare nella zona dopo aver visto il camion di bestiame al varco, ma presto incrociamo altre macchine, altri colleghi esploratori.

Mandrie di cavalli popolano l’altipiano, sparsi in gruppi a perdita d’occhio.

In lontananza, però — si scorge il Lago Song-Kul.

Il cavallo — insieme all’aquila — si può considerare come l’animale nazionale a tutti gli effetti.

Rappresenta, infatti, il mezzo di locomozione principale per il popolo kyrghizo di tradizione nomade, e per spostarsi nei territori sterminati ed impervi che la terra del luogo propina.

Ad aver la pazienza e la passione dell’equitazione, non avrete difficoltà a trovare dei percorsi a cavallo con cui potrete arrivare a Son-Kul passando nei pressi del percorso #16 (ovvero passando da Nord-Ovest).

Peraltro questi cavalli, dispersi nell’immensità, solitari, conferiscono un’atmosfera ancora più drammatica e romantica a tutto l’ambiente.

Il drone, che di tanto in tanto facciamo volare costeggiando le rive del lago Song-Kul, ci offre una prospettiva differente e un punto di vista alternativo alla sconfinatezza che noi, a livello di terra, riusciamo ad apprezzare.

Song Kul in una foto
Song Kul in una foto

I padroni assoluti di queste strade sono i Land Cruiser. Tuttavia bisogna prestare molta attenzione perchè di tanto in tanto il sentiero tracciato si conclude con dei grandi fossati e finirci dentro con l’auto equivale a farsi molto male quando non addirittura distruggere l’auto!

Questa foto panoramica rende solo in parte l’idea di sconfinato che percepiamo girando attorno al lago.

Da quando abbiamo raggiunto la sommità abbiamo percorso già altri 50km circumnavigando il lago. Ci siamo diretti infatti subito verso Sud e poi verso Ovest — seppur la nostra iurta si trovasse in direzione opposta, verso Nord.

Perchè? Avevamo una missione da portare a termine.

Alla ricerca della iurta perduta: KD

Pochi giorni dopo la metà di Agosto tre amici sono stati ospitati da una famiglia nomade kirghiza quando hanno raggiunto, in piena notte, nel loro percorso verso la Mongolia, la sommità del lago.

La missione è semplice quanto potenzialmente complessa, senza internet e senza riferimenti geografici: trovare questa famiglia e portare loro alcune foto scattate insieme.

L’unico riferimento in nostro possesso: delle coordinate GPS che, nel caso di nomadi, potrebbero non essere più attuali…

Però ci rimbocchiamo le maniche e ci rechiamo verso le coordinate in cui erano montate le tende, usando le foto delle tende come confronto per identificare la iurta in mezzo a tante iurte sparse anche parecchi km di distanza.

Fermiamo alcune persone, alcuni allevatori.

Comunicare è difficile: loro parlano kirghizo stretto ed il mio russo non è sufficiente a compendere appieno ciò che vorrebbero dirmi. Ma non demordiamo e portiamo a casa qualche indizio: si chiama KD (ch-d) e si è allontanato nei pascoli. Indossa una felpa rossa. Tuttavia le indicazioni per trovare la sua iurta sono inconcludenti.

La ricerca ci da la possibilità di esplorare l’antipiano, scorgendo numerosi insediamenti di iurte (alcuni veri e propri ostelli per turisti).

Durante la raccolta di informazioni incontriamo anche una ragazza austriaca, lì per due settimane, che viveva in una iurta come collaboratrice (forse una ragazza alla pari???). E’ il padrone della casa dove vive che, dopo essere stato interrogato con un traduttore offline da questa ragazza, ci da indicazioni un po’ più precise.

Arriviamo nel posto indicato: la iurta sembra corrispondere, ma ne troviamo solo una invece di tre. Il dubbio ci assale, forse non siamo nel posto giusto… Butto un occhio dentro la iurta (aperta), si scorgono all’interno degli oggetti che nella foto sono piazzati fuori.

Aspettiamo alcuni minuti, nel frattempo ponderiamo: sono le 18:30 e ci rimangono massimo un’altra ora di luce piena, prima che calino le tenebre. La guida al buio, in queste strade, rischia di essere estremamente pericolosa.

Finchè a cavallo non arriva un uomo (con un martello!!) che ci avvicina con molta diffidenza. Gli urlo “izvinite, vy KD!?” . Continua ad avvicinarsi, ed io ripeto la domanda non ricevendo risposta. Sventolo anche le foto, non pensando che forse — nato e cresciuto in mezzo al nulla, in cui anche poco è tanto — non possa avere idea di cosa sia una fotografia.

Si avvicina, ci presentiamo, gli racconto chi sono e perchè lo cercavo. Gli mostro le foto. Nel suo sguardo la diffidenza scompare; capisce che siamo amici e veniamo in pace. Ricambiamo, con un gesto di fratellanza, il suo buon cuore quando ha ospitato i miei amici nel cuore della notte senza far loro troppe domande.

Gli chiedo delle altre iurte, e mi racconta che le ha spostate per seguire il pascolo. La prossima sarebbe stata quest’ultima rimasta.

In una foto ci sono i miei amici che vanno a cavallo; @frupari mi chiede di intermediare se sia possibile per lei salirci…

Il resto è in questa foto.

Il tempo passa ed è sempre più tardi. Chiediamo a KD quale sia la strada più veloce per arrivare al nostro iurt camp e ci suggerisce di far la strada a ritroso… Dapprima eravamo decisi ad andare verso Nord, pensando di non aver inteso la risposta, ma poi decidiamo di fidarci: se non altro era una strada che già conoscevamo. Da dove siamo arrivati al nostro iurt camp dove passeremo la notte ci distanziano quasi 70km. Di quella strada in cui la velocità massima senza che vibri il cervello è massimo 30km/h.

Salutiamo KD, ma ci tratteniamo ancora un po’: la ruota anteriore-destra è sgonfia in modo anomalo. Monto il compressore ed in 10 minuti sembra riprendersi.

In tutto questo — siamo stanchissimi. Non sembra, ma questo genere di strade stanca particolarmente. Il livello di attenzione deve essere sempre alto, e correre perchè si ha fretta non è una soluzione.

Il sole inizia a calare, la foschia inizia a farsi strada — la strada si vede ancora ma sappiamo che lo sarà ancora per poco.

Inforchiamo la via opposta, ma non facciamo molta strada prima che mi renda conto che la ruota inizia a sgonfiarsi… inizia a fare anche freddo, a 3000mt di quota, e sostituire la ruota non è (ancora) una soluzione.

Il buio si impadronisce velocemente anche dell’antipiano del lago Song-Kul, incurante dei nostri problemi e delle nostre preoccupazioni crescenti. Smettiamo anche di fare “video diari”; il timore per il non fare in tempo ad avere un tetto prima delle tenebre inizia a farsi strada.

Finchè arriva la notte.

Verso il nostro Yurt camp

Arriviamo al bivio Nord-Sud, qualche km dopo il cancello — che ormai non si vede assolutamente più nulla. Sono le 20:30 ma potrebbe essere anche mezzanotte. E’ una notte in teoria con la luna piena, ma che tarda a sorgere. E nel frattempo stanchezza, nervosismo, ansia, paura, sconforto iniziano a farsi strada nei pensieri — anche se nessuno lo manifesta ed anzi, con @frupari , ci diamo man forte con pensieri positivi.

C’è poco di positivo, però, in questa storia: la gomma necessita di essere gonfiata sempre più spesso, è buio pesto, è freddo e non abbiamo la minima idea di quale sia la strada. Ci fermiamo al bivio iniziale per un po’, per cercare di capire anche con le mappe offline a nostra disposizione, se effettivamente quello sia un percorso o un sentiero praticabile.

Nel frattempo inizio a disperarmi, tra me e me.

Finchè in lontananza — non scorgiamo dei fari, velocissimi.

Si fermano in prossimità della nostra auto. Non parlano inglese, parlano russo.

Ci chiedono se necessitiamo di aiuto. Gli dico che non son sicuro quella sia la strada per l’Azamat iurt camp; my znayem, sledovat’ — l’unica cosa che riesco a capire.

Li seguiamo.

Dalla velocità che usano e dalla scaltrezza con cui passano da un sentiero all’altro sembrano della zona o comunque che conoscano la strada. Fatichiamo addirittura a stargli dietro, sia per i cambi di direzione sia per la velocità.

Non esagero se dico che abbiamo percorso i 20km — dal bivio allo iurt camp, in meno di mezz’ora, forse 20 minuti.

Ci fermiamo al primo insediamento (alcune tende completamente al buio), un russo scende, parla con una persona — risale in macchina e riparte.

Finchè non arriviamo davvero, intorno alle 22, all’Azamat iurt camp.

La cena è già servita, ma è avanzato qualcosa. Conosciamo i nostri salvatori: sono di San Pietroburgo, e quella è la loro prima volta lì. Con noi è presente un driver di una comitiva — sbronzo fino alla punta dei capelli.

Ci presentano la iurta, l’ultima della serie. All’interno numerosi animali tra cui mosconi, falene e altri insetti con le ali. Accanto si sente un cavallo che rumina, a tratti nitrisce, e perfino defeca a pochi metri dalla tenda.

Le lenzuola sembrano sporche, per cui @frupari insiste affinchè chieda di cambiarle.

Non c’è luce, non c’è il wifi come invece ci sembrava di aver letto nella descrizione, non c’è l’acqua calda.

All’interno della iurta fa davvero freddo — per cui speriamo che i piumoni datici siano sufficienti. Proprio per evitare di dormire in letti dubbiosi, mi ero portato il sacco a pelo e, dopo tanti giorni di viaggio in valigia, è arrivato il momento di usarlo.

Quando ci siamo rassegnati a dormire al freddo, devastati emozionalmente, stanchi ed un po’ prostrati (di bello, a viverlo, non sembrano ci siano molte cose) — arriva un uomo che carica la stufa di carbone ardente.

Il terrore di rimanere intossicati dal monossido ci fa dormire con la porta e la tenda aperta (per cui nuove bestie volanti hanno fatto il loro ingresso dopo una prima pulizia praticata all’interno…). Fino alle 4, quando mi alzo per chiudere: il fuoco si era spento ed il gelo esterno si era preso anche l’interno.

L’alba e la doccia fredda

Dormiamo (quello sicuramente, ma il letto non è comodissimo) ma alle 6 devo uscire per forza dalla iurta.

Arrivato alla macchina — la sorpresa: la ruota è completamente a terra. Monto il compressore, accendo l’auto e inizio a gonfiarla. Cinque minuti ed il compressore decide di abbandonarci (dopo averci aiutato notevolemente la sera prima).

C’erano 4°C e ricordo perfettamente il freddo che congelava le mani e mi impediva di muoverle.

Sconsolato — faccio partire il circo per la sostituzione della ruota con materiali a disposizione e con un crick assolutamente non adeguato al tipo di auto, tanto da necessitare di quasi un’ora di tentativi.

La testimonianza arriva in modo inaspettato dalla GoPro che era piazzata in modalità timelapse e che veniva rimossa per essere portata in auto, ancora accesa.

Fotobomb inedita
Fotobomb inedita

Dopo vari tentativi e l’aiuto di forza bruta di un astante finalmente riesco a sostituire la ruota — giusto in tempo per la colazione.

Più sereno, mi lancio in qualche foto e volo con il drone per ammirare il paesaggio circostante, rimasto anonimo la sera prima.

E’ davvero spettacolare.

L’indomani capiamo perchè KD ci avesse suggerito di rifare la strada a ritroso: sul versante Nord non è presente un sentiero in quanto prevalentemente terreno montuoso.

Arrivati ad un certo punto saremmo stati incapaci a proseguire, o se avessimo proseguito sarebbe stato pericoloso a causa di frane — ci dicono il giorno dopo.

La discesa

Ripercorriamo il percorso a ritroso e rimaniamo perplessi da come — tra tutti gli iurt camp addirittura fronte lago (con cui avrei potuto fare foto decisamente migliori rispetto a quelle della montagna che son riuscito a fare) che abbiamo incontrato durante la nostra corsa notturna — la nostra scelta sia ricaduta proprio sul più distante.

Ci impressionano anche le condizioni della strada, che la sera prima abbiamo percorso in modo dissennato ed un po’ imprudente.

Tuttavia le sponde ci offrono uno scenario semplice, sempre uguale — ma ogni volta diverso: insediamenti di iurte con qualche cavallo sulle rive del lago.

La parte Est differisce in modo marcato per paesaggi rispetto alla parte Ovest — che ci ha visto alla ricerca di KD la sera prima.

Mamma, stiamo tornando!

Ci lasciamo le ultime iurte in riva al Lago alle spalle, e ci prepariamo alla discesa.

Il tempo è contato e dobbiamo essere a Bishkek prima delle 18 — per poter restituire la macchina. E Bishkek dista dal lago Song-Kul oltre 400km.

La discesa da Song-Kul

Senza contare che dobbiamo quanto prima cercare un gommista per riparare la gomma — onde evitare ulteriori imprevisti che sicuramente non ci permetterebbero di tornare a Bishkek entro l’orario stabilito.

Faccio volare il drone — ma con un po’ di timore: ho paura che la regina dei cieli lo adocchi e me lo porti via 😆

Però — forse complice l’idea che sappiamo già la strada che ci aspetta — questa volta ci godiamo un po’ di più il paesaggio.

Scendiamo, scendiamo.

Sempre più in basso, fino ad arrivare quasi alla strada maestra — asfaltata.

Questi scenari — lo so già — mi mancheranno da impazzire.

Ricordare del pericolo quando si è ormai al sicuro fa nascere nel cuore un sentimento di nostalgia.

Inizio a scrivere un sms — anche se non avremo campo prima dei prossimi 40-50km.

“Mamma stiamo bene, tutto ok, stiamo partendo. Quando leggerai questo messaggio saremo già diretti verso Bishkek”.


Puoi leggere l’episodio #6 qui.

Se invece vuoi leggere quali sono stati i preparativi per il Kyrgyzstan puoi farlo su questo post.

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