Ci svegliamo alle prime luci dell’alba. Sappiamo che l’escursione di Preikestolen è molto meno impegnativa rispetto a quella di Trolltunga e che in 4 ore dovremmo essere già di ritorno.
Con questo mindset organizziamo i bagagli, facciamo colazione, prendiamo la nostra Corolla che nel frattempo è diventata affettuosamente Corollina e puntiamo il navigatore verso Preikestolen.
Il viaggio
Il parcheggio della famosa roccia ― chiamata in inglese pulpit rock in virtù della sua morfologia che ricorda il pulpito da cui il prete recita la messa ― dista circa 40-50km da Stavanger.
Unica criticità è che per arrivarci dovrete nuovamente attraversare il tunnel che vi riporterà sulla terra ferma a Tau e, da lì, verso Est.
Prestate molta attenzione ad impostare la destinazione corretta in quanto, a seconda del navigatore, potreste arrivare a parcheggi diversi.
I più attenti noteranno come la flora della Norvegia del Sud sia diversa da quella della Norvegia della zona di Bergen: meno conifere, più piante a cespuglio; meno colori autunnali che danno quasi l’idea di una silenziosa presenza di quasi sempre verdi.
L’escursione
Come anche esplicitato dall’immagine che segue il percorso è articolato in poco meno di 4km.
Per quanto il percorso sia nettamente inferiore rispetto a Trolltunga, va considerato come invece parti del percorso siano effettivamente “da scalare”.
Niente di complesso, però il percorso è uniformemente più ripido e talvolta dovrete aiutarvi con le mani per superare qualche tratto.
Per quanto disponibili escursioni guidate anche per Preikestolen, mi sento di consigliarvi di avventurarvi senza guida anche se non siete trekkers particolarmente skillati.
Le indicazioni lungo il percorso non mancheranno ed il rischio di smarrirsi ― considerando anche la geografia della zona ― è minore (sicuramente non impossibile :D) rispetto alla vastità dell’altipiano da percorrere per arrivare a Trolltunga.
Fermatevi spesso (così da recuperare un po’ il fiato) ad ammirare gli scorci del golfo di Stavanger e, una volta arrivati sulla sommità della roccia ― gli scorci del Lysenfjord.
Il penultimo tratto del percorso sarà un piano leggermente inclinato ma tutto da percorrere.
Per poi lasciare spazio ad un sentiero sinuoso ricavato dal bordo roccioso dello strapiombo e che vi condurrà al pulpito.
In cui ― anche se sarete di fatto condotti ed accompagnati dal sentiero ― non mancheranno indicazioni continue a riferimenti geografici che rendono l’esperienza più coscienziosa.
Attenzione: sulla sommità dell’altipiano ― nell’ultimo tratto del percorso che vi porterà alla pulpit rock vi troverete già in ambiente aperto e soggetti alle intemperie che si abbattono sulla zona!
Le stesse intemperie che nel tempo hanno modellato e plasmato la pulpit rock: potreste aver a che fare con raffiche di vento o pioggia violenta ― in un contesto in cui non saranno presenti dispositivi di protezione e salvaguardia e, in caso di azioni azzardate ― potreste farvi molto male.
Se non avete idea delle correnti di vento che agiscono, si incanalano e percorrono i fjordi in tutta la loro lunghezza ― questa escursione potrebbe darvi coscienza.
Raffiche di vento violento alternati a sporadici (e per fortuna) timidi rovesci hanno reso la nostra esperienza sulla sommità qualcosa di quasi sconfortevole ― come quasi fossimo ospiti non graditi ― e la nostra permanenza è stata ridotta al minimo (anche perché con le raffiche del giorno finire giù nel fjordo sarebbe potuta essere una probabilità concreta :D)
Fine settembre ― tempo dubbioso e potenzialmente inospitale a causa del tempo che inizia a perturbarsi per l’autunno appena iniziato.
Tutto ciò ha però un pro: lungo il percorso incontrerete poche persone, sul pulpito non dovrete fare la fila per le foto di rito, e potrete godervi maggiormente gli spazi della natura sconfinata senza eccessivo affollamento. Un rapido sguardo ai video su Instagram e Tiktok rende bene l’idea del normale flusso di viaggiatori che giornalmente percorrono il sentiero e si trattengono una volta giunti sulla sommità ― rendendo a mio avviso l’esperienza meno piacevole nonostante il bel tempo rispetto ad avventurarsi col tempo di Settembre.
Pulpit rock
Godetevi l’ambiente, la Natura, il silenzio e ― se siete poco fortunati ― le raffiche di vento.
Non dimenticate la foto di rito.
Ed approfittatene per esplorare la zona circostante, che potrebbe regalarvi scorci ― o strutture geografiche ― particolarmente curiosi.
Anche in quest’occasione ― per celebrare l’evento ― ho portato un’ottima birra local che però, considerate le condizioni metereologiche avverse sulla sommità ― ho preferito non consumare onde evitare di finire sulle testate giornalistiche locali perché precipitato nel Lysefjord.
Poco più giù però ― lungo il sentiero finale ― più riparato e sicuro ― non me ne son privato.
Dove mangiare
Se non vi siete organizzati con un pranzo al sacco potreste approfittarne e mangiare nel ristorante dell’alloggio Preikestolen fjellstue.
Il ristorante del Basecamp offre un nuovo modo tecnologico e 2.0 di ordinare al tavolo: negli orari di attività collegandosi al loro Menù online potrete ordinare dal menù, indicare il tavolo in cui siete accomodati, pagare direttamente con carta e nel giro di poco tempo verrete serviti con cibo di ottima qualità e preparazione certosina.
Consigliato.
Il rientro
Ci tratteniamo a pranzo fino a circa le 18 del pomeriggio ― dopodiché il tempo inizia a stringere: dobbiamo tornare a Bergen.
Senza aver prenotato alcun alloggio, facendo un rapido calcolo dei km e delle tempistiche indicate da Google Maps decidiamo di fidarci e ― a stomaco pieno, soddisfatti, quasi felici ― salutiamo Preikestolen ed iniziamo il viaggio di ritorno.
Mai scelta fu più sbagliata.
Le 4 ore indicate da Google Maps diventano quasi 7 ore.
La stanchezza inizia a farsi sentire e nel viaggio di ritorno incontriamo condizioni meterologiche estremamente avverse che limitano ulteriormente la velocità nelle strade norvegesi: pioggia incessante, vento e ― inevitabilmente ― l’oscurità inizia a farsi largo.
Ed è così che ― per poco più di 5 minuti ― perdiamo un traghetto per attraversare un fjordo.
E ci ritroviamo ad attendere ― devastati ― nel piazzale d’imbarco ― un’ora per il traghetto successivo.
In tutto questo avvicendarsi di eventi, imprevisti, rallentamenti, un’altra considerazione aggiunge timore nei nostri cuori: non ci sono alloggi disponibili lungo strada e l’alloggio più prossimo è Bergen.
Provati e deconcentrati decidiamo allora di affidarci (ancora una volta) al Moxy Hotel di Bergen che non solo quella notte era disponibile ma permette anche il late check-in.
Intorno alle 21 la marcia diventa ancor più problematica: il sonno inizia a farsi sentire a causa di una Xamamina presa durante un attraversamento precedente con mare particolarmente mosso che mi iniziava a dare mal di mare. Mi confronto con Washington_giò che ― con risolutezza ― prende la guida della Corolla.
Il tempo di fare cambio autista ed allacciare la cintura che sprofondo nel sonno.
Mi risveglio alle porte di Bergen intorno all’una di notte ― sorpreso ma anche impressionato: Washington_giò mi aveva appena rincasato sano e salvo.
Puoi leggere il day #5 qui.
Se invece vuoi leggere quali sono stati i preparativi per la Norvegia puoi farlo su questo post.